giovedì 16 luglio 2015

Arrivava ultimo, ma arrivava

Anche il ciclismo poi - spiegano gli esperti - è “uno sport di squadra”. Sembra un paradosso. Nessuno dice tifo per l’Astana, la Lampre o la Tinkoff, ma poi quando ti appassioni inizi a capire chi c’è dietro la maglia gialla, la maglia rosa o la maglia iridata. Se i titoli li fanno i campionissimi, le vittorie, i meriti e soprattutto i premi si condividono con la squadra, con i gregari. Quelli che ti lanciano le volate, quelli che ti aspettano quando hai forato e ti fanno da traino nelle salite più dure, perché chi non arriva mai primo non necessariamente è scarso. Anzi.  Nei racconti del ciclismo che fu, colui che mi stava più simpatico era quello che arrivava ultimo. Sempre ultimo. Si chiamava MALA-BROCCA.
LUIGI “LUISÌN” MALABROCCA era, è la “maglia nera” per antonomasia.  Quello che va più piano, quello che ci mette di più, non perché fosse il più debole, ma perché per lui il fondo della classifica era l’inizio; soltanto considerato da un altro punto di vista. Nel dopo guerra al Giro d’Italia l’ultimo classificato riceveva la “maglia nera” e un cospicuo premio in denaro:  riuscire a conquistare il primato rovesciato (senza finire fuori tempo massimo) era un altro modo per sconfiggere la miseria. Malabrocca, la maglia nera, tra i forzati della bicicletta sembrava il più umano. In un momento storico in cui gli italiani si sentivano “ultimi”, era facile per la gente ai bordi delle strade affezionarsi a quel reietto che arrivava in fondo. Arrivava ultimo ma arrivava.


Con sotterfugi e stratagemmi, Malabrocca andava in fuga dietro al gruppo. Entrava nei bar per sottrarsi ai controlli degli avversari e non ne usciva più. Si nascondeva nei fienili e nelle scarpate. Una volta si tuffò addirittura in un pozzo poi scoperto da un contadino spiegò "Non ci crederà ma sto correndo il Giro d’Italia", risalì in bici e affrontò da solo il tappone dolomitico - Rolle, Pordoi e Gardena – e giunse al traguardo. Ultimissimo. Ma non fuori tempo massimo. Ultimo nel 1946, a 4 ore da Bartali. Ultimo nel 47, a quasi 6 ore da Coppi.
Nel ’49 è penultimo e all’ultima tappa del Giro decide d'imboscarsi in un’osteria, accetta l'invito a casa di un tifoso per parlare di pesca, poi si rimette in sella raggiunge il traguardo ma non trova più nessuno ad aspettarlo. I cronometristi – una volta tanto si erano spazientiti erano ed erano tornati a casa. Avevano classificato tutti con lo stesso distacco del gruppo. Anche il “Mala”. “Il cinese di Garlasco”, come veniva chiamato per gli occhi un po’ a mandorla – quell’anno arrivò solo penultimo. Una sconfitta. Ci rimase male. Appese la bicicletta al chiodo e ironia dello sport e della vita diventò pescatore lungo il fiume Ticino.

(testo preparato per serata sportiva #Pontresina2015)

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