lunedì 4 luglio 2016

Avrei voluto citare David Foster Wallace e il suo Una cosa divertente che non farò mai più. Mi sarebbe piaciuto parlare di estetica e di epifanie.. Ma poi ho pensato che era più semplice, raccontare come è andata venerdì 1. luglio. 

Floating Piers, ovvero non solo l'arte di stare a galla


Venti euro?! Ven-ti, due-zero, scandisce l’omino con la pettorina gialla. Venti euro per un posto auto in un campo fuori Pilzone, a tre chilometri da Sulzano. E la navetta? Più in là, a 300 metri ci sono gli autobus, cinque euro a persona, ma questa è la coda… Dallo sconforto alla speranza il passo è breve.  Lo vede quel furgone, incalza. Sì. È un tassì privato… con altri 20, 25 euro ve la cavate, vi porta lui. È però vano il tentativo di negoziare la tariffa con il tassista improvvisato… “Signori, qui è un guerra, non ci si muove… Venticinque euro è il minimo, non scherziamo!”. Il viaggio, l’ora, i bambini, la calura sono tutte ragioni per mettere mano al portafogli. La legge della domanda dell’offerta non lascia scampo: nei giorni di Christo sul Lago d’Iseo tutto costa, tutto costa di più, ma quando arriviamo all’inizio della passerella arancione è quasi una sorpresa avere la conferma che passeggiare sull’istallazione è gratis. Lo stupore di un dono tra tanto business e marketing.


Perché c’è scritto di non fermarsi? Chiede Sofia quando il vicolo svolta e intravvediamo per la prima srotolarsi sulle acque del lago il lungo percorso arancione. Ci fermiamo, per non sbattere contro gli altri visitatori arrestatisi, incantanti. Un inatteso momento estatico, da mozzare il fiato, da interrompere il cammino. Ecco perché Sofia… Quando uno si imbatte in una cosa bella, le spiego, si ferma ad ammirarla, ma così si creano intoppi e code. Per questo c’è quel cartello. Mia figlia mi guarda perplessa. E come fai a non fermarti, allora?




Le onde del lago accarezzano i lembi della passerella. Per camminare sull’acqua le due più piccole si tolgono i sandali, ammirano gli anatroccoli incuranti e il cigno vanesio che sostano lungo il percorso. Ogni tanto l’acqua invade il molo galleggiante e sorprende il visitatore. Come facciamo a stare a galla? Virginia è curiosa, vuole capire cosa accade quando arriva un’onda e il frangente puntualmente arriva. L’arancio diventa ancora più scuro, mentre il sole caldo del tramonto incendia di luce la pista d’acqua.



Giuditta non capisce: non comprende perché ci sia una folla simile, non concepisce attese e code simili. Hai mai pensato di dipingere sull’acqua, le avevo chiesto per far leva sulla sua vena artistica, ma nulla. Avevo usato l’analogia romanticheggiante dei raggi del sole che disegnano sulle acque lacustri quello che l’artista d’origine bulgara e sua moglie hanno ideato… Niente. Christo – aveva sentenziato prima ancora di partire – non meritava cinque ore di viaggio. Ora però scatta fotografie a tutto spiano. Sì, ammette malvolentieri, almeno si possono fare delle belle foto.



Su quella passerella il corteo è incessante, un inatteso Quarto stato in costante cammino. Ci sono tutti: turisti da ogni dove, curiosi di ogni età, adolescenti intenti a fotografare-instagrammare-postare, vitelloni in libera uscita, anziani in fuga dalla calura di città, falsi invalidi e veri appassionati d’arte, venditori di salamelle e vu cumprà dall’accento bresciano… Loro sono persino troppi, è quasi scandalosa questa affluenza record. Tutti improbabili esperti d’arte, tutti di passaggio per dire “io c’ero”, tutti inconsapevoli cacciatori di bellezza. Quella bellezza intravista tra le pieghe del tessuto increspato di luce e di acqua. Quell’eccezionalità di cui parlano giornali e tigì e che oro vogliono per sé. Forse, chissà, per affermare non solo incoscientemente che partecipare a un’opera d’arte vuol dire affermare qualcosa di irriducibile e unico di se stessi. Per loro, quella massa così eterogenea e burina, siamo noi. Passa la banda degli alpini e al largo, poco distante, a bordo di un battello transita anche Christo. Ammirerà compiaciuto il suo successo? Osserverà commosso chi sta beneficiando del suo dono?



Jacopo fa notare come al quattordicesimo giorno la stoffa sia macchiata, lungo la passerella si scorgono alghe e fa capolino un po’ di sporcizia. È come intravvedere una ruga sul volto di chi si ama. Si sta logorando, prendiamo atto. D’altronde è un’opera temporanea, spiego loro. Da lunedì, concludo, iniziano a smontarla. E tutti, sia i più grandi sia le più piccole insorgono: ma come? Perché fare un’opera così per sole due settimane? Citando un’intervista letta sul Corriere spiego loro che Christo voleva solleticare “il desiderio e la curiosità delle persone” e per farlo in fondo sedici giorni sono più che sufficienti. Anzi, basta un attimo, un istante, carpito e inatteso. Come una domanda imprevista cui non sai rispondere subito. Come quel raggio di sole al tramonto che ora è sparito dietro Monte Isola.