venerdì 5 ottobre 2007

Parla con lei


Quando ci congediamo, realizzo che si è tolta gli occhiali solo al momento di pagare il conto. Un gesto furtivo, mentre piega con cura lo scontrino e lo ripone nel portafogli. Per tutta la durata del pranzo le lenti scure sono il suo riparo dal sole di ottobre che riscalda la terrazza, un garbato scudo di difesa dagli sguardi altrui, uno schermo su cui proietta progetti e ambizioni. Indovino desideri e aspirazioni dietro alle lenti mentre osserva, quasi incantata, il lago all’orizzonte. Dice di essere ancora in vacanza, ma di stare per intraprendere - presto, ancora prima della fine dell’anno - una nuova avventura professionale. Si racconta con una punta di orgoglio femminile, quasi lusingata dalle prospettive lavorative che le si sono spalancate. Non riprenderà dunque lo Studio notarile dei genitori? No, per quello c’è tempo, dopo i sessantacinque.

C’è tutto il tempo anche per la politica. Dopo le Comunali si potrà iniziare a fare qualcosa. Prima è meglio di no. Un seggio a Berna, assicura, l’avrei certamente conquistato, avrebbe fatto comodo a molti, ma non ne avevo voglia. Certo che in una lista d’area ci sarei andata, ma ci volevano altre candidature forti – un Moccetti, per esempio – e nessuno aveva veramente voglia di rischiare… Troppo presto per tornare. Nonostante le ferie e il riposo, le ferite degli “ultimi due terribili anni” non sono ancora rimarginate.

Lo si capisce quando snocciola dati e cifre sul risultato di aprile. Più che un’analisi del voto, un’autopsia. I 6mila socialisti che hanno dato il preferenziale alla sua avversaria. Gli i 8mila che hanno votato il tandem radicale. I soli 300 preferenziali in meno rispetto a quattro anni prima. I 5mila che non hanno votato il partito perché sulla lista c’era il suo nome e che, adesso, torneranno a votarlo. Il PLR, dunque, non rischia il terzo seggio? Non credo. La sinistra ripeterà l’exploit di quattro anni fa? Siete voi media che l’avete raccontato così. I socialisti sono 23mila e alle Federali, dove la partecipazione è minore, vanno sempre meglio. E i verdi avanzeranno. Credo che le previsioni pubblicate non siano molto discoste dalla realtà. Si gioca tutto in un migliaio di voti. E l’UDC?, chiedo. Sono stati abili. Non hanno nessuno, il presidente è un farabutto, ma sono stati bravi a sparire e mostrare solo Blocher. Moor? Una campagna troppo aggressiva, finisce per fare paura. Segue con attenzione la scena politica e dalle osservazioni puntigliose sembrerebbe non aver mai smesso i panni del Consigliere di Stato. Le timide domande la fanno rifiatare, ma non arginano mai il flusso del suo pensiero.

Mi piacerebbe, confessa, ripartire con un gruppo di giovani. Non più di 40 anni, precisa. Ma chi sono, dove sono i giovani liberali? I nostri, spiega, li hanno sempre fatti fuori.
Nel partito oggi vince solo la logica della spartizione delle poltrone. Le idee, il confronto non ci sono più, afferma sconsolata mentre arriva il branzino. Merlini? Intelligente, abile, ma pianifica solo la sua carriera. Gendotti? Uno come lui avrebbe dovuto ambire, al massimo, alla Commissione bonifiche. Sadis? Non ha la statura della Governante, se la ricorda in Gran Consiglio? Come non lasciare cadere, allora, 12 anni di politica liberale? Ci vorrebbe il sostegno di un giornale, sentenzia. Il Corriere non basta? Non è nel suo DNA. Gli altri hanno la Regione, il Caffè, Tele-ticino, la radio… anche il Mattino… E Dillena? Per lei ha dimostrato di sapere impugnare anche la sciabola… E’ un ottimo giornalista in punta di penna, ma gli altri usano il machete. Oggi sarebbe necessario un giornale d’area ed io – ammette – ci ho già provato…

Un garbato signore sui quaranta si presenta e la saluta. E’ uno dei molti clienti che l’hanno riconosciuta. Lui fa riferimento a una precedente incontro, lei ricambia e cordialmente sorride. Un sorriso che non si incrina neppure quando denuncia un accanimento personale, un trattamento mediatico ora non più riservato ad altri. Oggi nessuno ha più il coraggio di parlare, accusa. Una scelta sconcertante come quella di Passardi, argomenta, non ha fatto scrivere neppure una riga. Dove sono i censori? Dov’è la stampa libera? Passardi? Uno alla testa della principale società di pavimentazione sospettata d’aver rubato soldi pubblici chiamato a verificare come sono stati usati i contributi statali a Bosco e a Carì?!? Un uomo di Marty, l’uomo del rilancio di Airolo… Nella sua scelta però il Governo si è diviso, vero? Non mi risulta. L’ha proposto Pesenti, l’hanno sostenuto i due radicali e Borradori e Pedrazzini non hanno avuto il coraggio di dire di no. Chi rompe il patto in Consiglio di Stato verrebbe emarginato. Un patto siglato mentre io stavo male, ero sdraiata, avevo paura di divenire ceca o sorda e loro mi hanno portato via una Divisione, si rende conto? Borradori? Gentile, una persona squisita, ma non è un politico e ancora recentemente, quando ci siamo rivisti al Rotary, mi ha visto ed ha abbassato lo sguardo. Pedrazzini? Intelligente, ma quando deve decidere è un vile. Vogliono fare un Ente cantonale degli impianti di risalita, preannuncia, perché così si distribuiscono cariche, si assicurano posti di lavoro …anche il controllore dei biglietti… e sono tutti voti. L’Ente cantonale, non a caso, è stato suggerito anche da Barchi, aggiungo io maliziosamente. Anche da lui? Domanda indignata. Ma non lo sa che è l’avvocato del concorrente di Frapolli nei trasporti in elicottero?

Udito il nome di Frapolli butto là il fatto che pure lei, malgrado il parere dell’IRE, non ha detto no a Carì. E’ Gendotti che ha voluto! …ed è stato pagato con i soldi dello Sport-Toto, puntualizza. E il Nara è stato risanato con i soldi delle fusioni, aggiunge. Ancora Pedrazzini, ancora Gendotti. Certo che se il buon Dio non si fosse preso Buffi… quante cose sarebbero cambiate, accenno cedendo al fatalismo. Sospira, e poi ricorda. Sa io non sono credente.

Dopo il secondo caffè decaffeinato, è l’ora dei saluti. C’è il tempo di parlare di letture e del suo sito internet. Dobbiamo cambiarlo un po’, annuncia, è un po’ troppo elettorale. Interviste? Ho detto fino a gennaio niente, ma credo che neanche allora ne concederò, però se vuole ci possiamo rivedere. A fine novembre magari. Scrivere? Perché no? Uscendo, infatti, accenna a una possibile rubrica sul Corriere. Ci congediamo e mentre la vedo avvicinarsi all’Audi, come un lampo mi viene di immaginarla invitata a una di quelle rimpatriate tra ex Consiglieri di Stato nostalgici e ancora sorridenti. E’ una forzatura. Per quello c’è tempo, dopo i sessantacinque.